domenica 7 giugno 2009

riprendo a scrivere come se niente fosse. nel frattempo ho visto i miei pensieri passare la fase della fotosintesi glaciale, erano lì sdraiati sul letto e si illudevano del sole di febbraio. sognavano che il periodo umido fosse proprio andato e si proiettavano verso una primavera ancora tutta da risolvere. eppure dopo qualche settimana era tornato sia il gelo che l'umido e loro si sono impregnati di nuovo di questo vizio insidioso quale domandarsi. poi non mi ricordo più quale stato fosse giunto, anche se sicuramente molto familiare, ma ho sentito il bisogno di fuggire. dalla finestra, in treno, a piedi o a parole, dipendeva dalla situazione. d'altronde, inesistente.

ora, devo precisare che la primavera non mi ha portato mai niente di buono.
sarà che non ce la faccio a identificarmi con quel flusso di energie che la travolge e che di conseguenza mi sento ancora più debole, sarà che il passato, quello il più personale, non mi ha mai lasciato per l'avvenire del presente... ma comunque il camminare si era identificato con una paura costante, quella che non si riesce mai a raccogliere e/o delimitare.

già, la primavera. non voglio ora fare un elenco delle disgrazie degli errori delle colpe nonostante io debba confessare che quest'anno certi giorni li ho vissuti come una maledizione che comunque almeno stavolta non si è realizzata..ma solo a metà, perché il peso degli anni precedenti aveva travolto qualsiasi senso di hic et nunc. e mi dicevo che invece di dover liberarmene dovevo prepararmi per un crollo. non era un semplice arrendersi questo, neanche un essere cosciente della propria sorte :) anche perché tutto, ma tutto stava andando verso la direzione opposta.

mi sono lamentata di tante cose. ma veramente di tante.e lo faccio tutt'ora. innazitutto del fatto che almeno per me non è esiste quella rete invisibile che ci coccola ogni giorno anche quando si sta soli. gli incontri frammentari, mai immediati e SEMPRE "prenotati" che non si traducono in nessuna continuità. mi sono lamentata del categorismo. della perdita della sensibilità. della incapacità di incontrare qualcuno senza i pregiudizi. della visione parziale sebbene paradossalmente autoritaria da parte di uno verso il mondo. della sicurezza. della debolezza. della solitudine. della poca sincerità, di quei pensieri SEMPRE presenti ma travestiti di chi sa quale "naturalezza". e mi duole :) pensarci ancora. anzi, percepirlo.
e mi dicevano che avrei dovuto tornare a casa. cioé tornare verso un posto che non esiste. mi hanno chiesto anche almeno 30 volte il permesso del soggiorno :) ma come spiegare a loro che quella cazzata che ho fatto ormai quasi quattro anni fa, ovvero la decisione di partecipare al concorso dell'Erasmus quando non mi alzavo più dal letto e infatti l'ho fatto perché me lo chiedeva una persona, scrivendo come motivazione il desiderio di vedere l'autunno e la primavera italiani poiché non me ne fregava più di tanto di andarci, anziché quello di propagare la cultura lituana come faceva il resto ed essendo l'unica che ha vinto il posto nella città che non aveva nemmeno indicato (volevo andare o a Padova o a Genova e NON a Pisa), ecco come spiegare che ciò mi ha diviso in due? in un due che non ha un punto di contatto? non rimpiango niente solo che ancora devo imparare a essere così.

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