domenica 7 giugno 2009

l'ho detto una volta a me e tante altre a voi: sono qui perché posso affermarmi solo a partire della propria diversità. é sbagliato tutto quanto: non sono qui per affermarmi, ma comunque sto cercando una mia identità sebbene essa dovesse tradirsi come un'entità inesistente per definizione. infatti, non mi serve una certezza, anzi l'ho sempre considerata come una semplificazione pervenuta a noi da un mondo inventato quale la scienza. ma per soddisfare i veri scienziati dovrei precisare che mi sto riferendo alle illusioni vecchie di qualche secolo.

ok, riprendiamo....non sono qui per affermarmi. e tanto meno per raccontare quello che ho visto prima di venire qui. e ciò per almeno due motivi: 1) non mi ricordo 2) ho visto degli esemplari veramente patetici che mi hanno insegnato di non essere così. la prima,direi, è mooolto più grave...tuttavia...mi rendo conto di poter procedere solo a partire di un certo "no", sia che questo no si riferisca a un "da noi non si fa così" che esso assomgli a qualcosa del tipo "non ho mai visto nessuno comportarsi diversamente, ma comunque non mi risulta accettabile". perché? e che ne so....

e quindi vo' avanti. ma anche questa è una presunzione. facciamo chiaro: io mi diverto, eccome, a mettere in crisi le opinioni "prevalenti", anzi, se solo io fossi in grado di farlo...e comunque ci litighiamo, molto spesso finisce con un silenzio assordante che in realtà sta gridando delle convinzioni più care, più sentite sebbene diverse, eccome diverse!!!ci diciamo come se ciò fosse quasi un'unica consolazione che tutto ciò dipende solo dalla diversa formazione culturale, ma non è proprio così,ma per niente, poiché fatemi tornare in lituania per un annetto e o ci litigo con tutti quanti o comunque vado da un'altra parte.

dovrò tornare? dovrò proprio andarci? ma io sinceramente preferisco un ponte

e ormai anche la gente
riprendo a scrivere come se niente fosse. nel frattempo ho visto i miei pensieri passare la fase della fotosintesi glaciale, erano lì sdraiati sul letto e si illudevano del sole di febbraio. sognavano che il periodo umido fosse proprio andato e si proiettavano verso una primavera ancora tutta da risolvere. eppure dopo qualche settimana era tornato sia il gelo che l'umido e loro si sono impregnati di nuovo di questo vizio insidioso quale domandarsi. poi non mi ricordo più quale stato fosse giunto, anche se sicuramente molto familiare, ma ho sentito il bisogno di fuggire. dalla finestra, in treno, a piedi o a parole, dipendeva dalla situazione. d'altronde, inesistente.

ora, devo precisare che la primavera non mi ha portato mai niente di buono.
sarà che non ce la faccio a identificarmi con quel flusso di energie che la travolge e che di conseguenza mi sento ancora più debole, sarà che il passato, quello il più personale, non mi ha mai lasciato per l'avvenire del presente... ma comunque il camminare si era identificato con una paura costante, quella che non si riesce mai a raccogliere e/o delimitare.

già, la primavera. non voglio ora fare un elenco delle disgrazie degli errori delle colpe nonostante io debba confessare che quest'anno certi giorni li ho vissuti come una maledizione che comunque almeno stavolta non si è realizzata..ma solo a metà, perché il peso degli anni precedenti aveva travolto qualsiasi senso di hic et nunc. e mi dicevo che invece di dover liberarmene dovevo prepararmi per un crollo. non era un semplice arrendersi questo, neanche un essere cosciente della propria sorte :) anche perché tutto, ma tutto stava andando verso la direzione opposta.

mi sono lamentata di tante cose. ma veramente di tante.e lo faccio tutt'ora. innazitutto del fatto che almeno per me non è esiste quella rete invisibile che ci coccola ogni giorno anche quando si sta soli. gli incontri frammentari, mai immediati e SEMPRE "prenotati" che non si traducono in nessuna continuità. mi sono lamentata del categorismo. della perdita della sensibilità. della incapacità di incontrare qualcuno senza i pregiudizi. della visione parziale sebbene paradossalmente autoritaria da parte di uno verso il mondo. della sicurezza. della debolezza. della solitudine. della poca sincerità, di quei pensieri SEMPRE presenti ma travestiti di chi sa quale "naturalezza". e mi duole :) pensarci ancora. anzi, percepirlo.
e mi dicevano che avrei dovuto tornare a casa. cioé tornare verso un posto che non esiste. mi hanno chiesto anche almeno 30 volte il permesso del soggiorno :) ma come spiegare a loro che quella cazzata che ho fatto ormai quasi quattro anni fa, ovvero la decisione di partecipare al concorso dell'Erasmus quando non mi alzavo più dal letto e infatti l'ho fatto perché me lo chiedeva una persona, scrivendo come motivazione il desiderio di vedere l'autunno e la primavera italiani poiché non me ne fregava più di tanto di andarci, anziché quello di propagare la cultura lituana come faceva il resto ed essendo l'unica che ha vinto il posto nella città che non aveva nemmeno indicato (volevo andare o a Padova o a Genova e NON a Pisa), ecco come spiegare che ciò mi ha diviso in due? in un due che non ha un punto di contatto? non rimpiango niente solo che ancora devo imparare a essere così.